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Il Primate della Chiesa assira dell'Oriente ha ril…

Il Primate della Chiesa assira dell'Oriente ha rilasciato un'intervista a RIA Novosti

Sua Santità il Catholicos-Patriarca Mar Awa III ha parlato in un'intervista esclusiva con RIA Novosti del rapporto tra la Chiesa assira d'Oriente e la Chiesa ortodossa russa, della comunità assira in Russia e in altri paesi e degli ostacoli all'unità dei cristiani.

- Santità, come è andato l'incontro con il Patriarca Kirill? A quali conclusioni e accordi siete giunti?

- Questo incontro con Sua Santità il Patriarca Kirill, come tutti i nostri incontri, è stato molto fraterno. Sua Santità, come sempre, ha ricevuto me e la delegazione con uno spirito di cordialità. Naturalmente abbiamo parlato anche dello stato attuale del dialogo bilaterale ufficiale tra la Chiesa ortodossa russa e la Chiesa assira dell'Oriente - questa commissione (commissione di dialogo bilaterale - ndr) si riunisce una volta all'anno. È stata presentata una panoramica del lavoro svolto negli ultimi anni. L’accento è stato posto su due cose. In primo luogo, lo scambio di studenti delle scuole teologiche a livello di bachelor e master in teologia e, in secondo luogo, la cooperazione delle nostre Chiese nel campo della pastorale giovanile. Abbiamo discusso, ovviamente, anche della situazione dei cristiani in Medio Oriente e dei tristi avvenimenti in Ucraina, soprattutto per quanto riguarda la Chiesa canonica, e di altre questioni.

- Ha toccato la situazione in Israele, Palestina e Striscia di Gaza durante l'incontro?

- Sì, abbiamo parlando di Israele e Palestina, del conflitto attuale. Tutti soffriamo quando vediamo cosa sta succedendo lì, soprattutto quando vediamo cosa stanno vivendo le persone innocenti, i bambini. Preghiamo per un cessate il fuoco immediato, affinché entrambe le parti possano sedersi al tavolo delle trattative, discutere le questioni e vedere quali prospettive ci sono per entrambe le parti per ottenere ciò che cercano, ovvero lo statualità e il rispetto dei diritti di entrambi i popoli.

- Ha già toccato la questione dello scambio di studenti. Ci sono futuri sacerdoti della Chiesa assira che studiano nei seminari della Chiesa russa? Il loro numero aumenterà nei prossimi anni?

- Penso che il loro numero crescerà. Ad esempio, proprio ora abbiamo un sacerdote che si sta preparando per entrare nel corso di laurea in teologia presso l'Accademia Teologica di Mosca. C'è un diacono assiro nato in Russia. Ha conseguito il Master presso la Scula di dottorato Santi Cirillo e Metodio. Speriamo quindi che avremo altri due o tre studenti, anche loro sacerdoti, che studieranno in quella Scuola, e che il diacono continui i suoi studi a livello post-laurea per ottenere il dottorato.

Un altro sacerdote è appena arrivato dagli Stati Uniti e presta servizio a Rostov sul Don presso la nostra comunità locale, che attualmente non ha una chiesa. Serviva sotto la mia guida nella diocesi della California. Vorrei dargli la benedizione per un dottorato nel prossimo anno o due.

- Quindi la questione della chiesa di Rostov sul Don è stata risolta?

- La questione è in fase di risoluzione e naturalmente ringraziamo il Patriarcato di Mosca per l'assistenza fornita attraverso il Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne. Stanno esaminando anche questo problema. Nel 2014, quando mi recai in Russia con il mio predecessore Catholicos, egli pose la prima pietra della nuova Chiesa di San Giovanni Battista (in assiro, Mar Yuhannan Maamdana). Purtroppo sono sorti alcuni ostacoli e non siamo riusciti a portarne a termine la costruzione. Quindi ora che torniamo a questo tema, dobbiamo costruire una chiesa in modo che la nostra comunità assira possa riunirsi attorno ad essa.

- Durante il viaggio ha visitato i monasteri russi nella metropoli di Vladimir. La tradizione monastica è oggi preservata nella Chiesa assira d'Oriente?

- Purtroppo attualmente non abbiamo monaci maschi nella Chiesa. Abbiamo un convento nella nostra arcidiocesi in India. Ma spero che in futuro potremo riprendere la tradizione del monachesimo. Certo, la Chiesa assira nel corso della sua storia è stata molto, molto attiva per quanto riguarda il monachesimo, ma a causa delle persecuzioni è stata praticamente distrutta, si potrebbe dire spazzata via. Quindi ora che la Chiesa sta recuperando le forze, speriamo che in futuro potremo far rivivere la tradizione monastica.

- Quando Lei parla delle persecuzioni che hanno indebolito la forza della Chiesa assira, di che tipo di persecuzioni si tratta? È quello che è successo in Medio Oriente negli ultimi anni con i terroristi dello Stato islamico o nel XX secolo? O forse prima?

- La persecuzione è stata presente in tutti i periodi della nostra storia, ma è diventata particolarmente frequente a partire dalla Prima Guerra Mondiale. Dal 1915 al 1918, due terzi del nostro popolo furono uccisi in alcune parti dell'Impero Ottomano o costretti a lasciarlo attraverso Urmia (una città nell'Azerbaigian occidentale - ndr) e a stabilirsi nelle terre che poi sarebbero diventate l'Iraq. Ci fu un altro massacro nel Regno dell'Iraq nel 1933. E, naturalmente, nel 2014, gli eventi fatali dell'emergere dell'ISIS in Iraq e Siria causarono enormi danni al nostro popolo. Molti sono fuggiti dal paese a causa di tutto ciò. Ci auguriamo di non vedere mai più nulla del genere per poter essere di nuovo forti come Chiesa e come popolo.

- Gli Assiri che lasciarono il Medio Oriente si sono stabiliti in Russia?

- Per quanto ne so, pochissimi di loro sono arrivati in Russia dopo la proclamazione dell'ISIS. Il reinsediamento degli assiri in Russia è legato soprattutto al periodo della prima guerra mondiale e anche a quello precedente. Cioè, si sono trasferiti dal 1915 al 1918, negli anni '20 e '30, ma dopo l'emergere dell'ISIS - solo pochi. Quindi qui nella Federazione Russa la nostra comunità è una comunità storica.

- E come si sente adesso la comunità assira in Russia? C’è il senso di sicurezza?

- Ovviamente. Gli assiri vivono in Russia ormai da circa due secoli e vivevano in Russia ai tempi dell'impero russo. Quindi si sentono sicuri, integrati nella società russa, ma conservano anche le loro tradizioni e la loro fede.

- Ci sono molti assiri che vivono adesso in Russia, dato che ce ne sono circa 400.000 nel mondo? Quante chiese e parrocchie hanno adesso?

- Abbiamo tre parrocchie nella Russia Centrale. Inoltre, abbiamo comunità e parrocchie in Armenia e Georgia. In termini numerici, se consideriamo tutti gli stati post-sovietici, compresa la Federazione Russa, in essi vivono circa 30-35mila persone, secondo una stima approssimativa (non disponiamo di un censimento o di un numero esatto).

- Gli Assiri sono perseguitati oggi nel mondo, cercano rifugio in Russia?

- Tornando agli eventi legati all'ISIS, nel 2015 circa 230 membri del nostro popolo sono stati rapiti da quest’ organizzazione in Siria, nella valle del fiume Khabur, dove si trovano 34 villaggi assiri. La maggior parte degli assiri che vivevano in Siria se ne sono andati: molti, molti cristiani hanno lasciato del tutto la Siria. So che all'inizio della guerra, nel 2011 o 2012, la Russia ha rilasciato circa 50.000 visti ai cristiani siriani, c'è stata un'iniziativa da parte del governo russo per accettarli. Non si sono trasferiti in Russia di proposito, ma penso che se fossero venuti sarebbero stati sicuramente accettati. Se decidessero di farlo, sono sicuro che potrebbero sicuramente vivere in sicurezza e preservare la loro fede e le loro tradizioni.

- Cosa pensano gli Assiri e la Chiesa assira dell'Iraq moderno?

- Nel caso dell'Iraq, il paese sta ora cominciando ad organizzarsi dopo il 2003, quando cadde il regime di Saddam Hussein. Sono passati vent'anni da allora. Sfortunatamente, il paese è ancora politicamente instabile. Ma la regione migliore per i cristiani è stata il Kurdistan, dove oggi ha sede il nostro Patriarcato, nella capitale Erbil. Altre regioni del Paese, purtroppo, sono meno stabili. Ma in generale, l’Iraq ha ancora bisogno di trovare stabilità politica, sicurezza e protezione. E la nostra gente ora se ne va, quindi dal 2003, dalla caduta di Saddam, il loro numero è notevolmente diminuito. Questo è per noi un fatto molto triste e una grande tragedia. Vogliamo che il nostro popolo rimanga perché gli assiri – come assiri e come cristiani – sono in questa terra da molti millenni. Il cristianesimo in Iraq esiste fin dal primo secolo, fin dai tempi apostolici, quindi ora ci troviamo di fronte al problema di come mantenere la nostra gente nel paese.

- Come sono i rapporti con i musulmani in Iraq? Esistono programmi umanitari comuni, alla cui risoluzione partecipano insieme la Chiesa assira e i musulmani iracheni?

- Naturalmente ci sono stati molti programmi umanitari. La Chiesa assira dell'Est ha un'organizzazione di beneficenza, l'Assyrian Church of the East Relief Fund, e abbiamo aiutato i musulmani in Iraq ovunque ce ne fosse bisogno. Teniamo conferenze, dialoghi e vari incontri nel Paese, soprattutto nella regione del Kurdistan iracheno, a Baghdad, la capitale dell'Iraq, così come in altre parti del Paese. La comunicazione avviene abbastanza spesso. Quindi siamo in buoni rapporti con i nostri vicini musulmani. E in generale, stiamo portando insieme il peso di ciò che sta attraversando il Paese, perché tutti gli iracheni stanno davvero soffrendo in questo momento.

- La Chiesa ortodossa russa è coinvolta nel dialogo e nell'assistenza?

- La Chiesa Ortodossa Russa ha dato il suo contributo sia in Iraq che in Siria. Prevalentemente in Siria.

- Della Chiesa assira d'Oriente si dice che essa appartiene alla tradizione pre-efesina (prima del Concilio ecumenico di Efeso – ndr). È l’unica Chiesa a professarlo? E se sì, con quali Chiese mantiene la comunione?

- Ha ragione, la Chiesa assira d'Oriente viene chiamata nel contesto contemporaneo la Chiesa pre-efesina. Siamo infatti una Chiesa unica nel senso che non siamo formalmente in comunione con nessun'altra Chiesa. Non apparteniamo né alla famiglia delle Chiese Ortodosse, né alla famiglia delle Antiche Chiese Orientali, perché le Antiche Chiese Orientali sono precalcedoniane: riconoscono il Concilio di Efeso (3° Concilio Ecumenico del 431 - ndr), ma non il Concilio di Calcedonia (4° Concilio Ecumenico del 451 - ndr). Per loro è un punto di separazione. Per noi, invece, il punto di separazione, se vogliamo, è il Concilio di Efeso. Ma anche allora non ci sono stati anatemi formali tra noi e la Chiesa ortodossa russa, non abbiamo vissuto il Grande Scisma del 1054. Non vi abbiamo mai partecipato. In realtà la nostra Chiesa, trovandosi nell'impero persiano, non ha mai fatto parte dei Concili ecumenici. Anche di Nicea e di Costantinopoli (dei primi due Concili ecumenici - ndr) abbiamo avuto notizie solo dopo diversi decenni. Quindi a causa di questo, se così posso chiamarlo, isolamento o lontananza dall’Impero Romano, la correlazione della dottrina con le definizioni dei Concili ecumenici è diventata per noi un problema solo più tardi, quando abbiamo dovuto accettare o non accettare la Consigli.

- Quindi si è trattato di un isolamento, non di uno scisma?

- Non esiste uno scisma formale. Si tratta piuttosto di uno status isolato in cui la Chiesa continua semplicemente a esistere da sola.

- Allora, forse possiamo sperare che un giorno la Chiesa assira d'Oriente possa ritornare alla comunione e all'unità con la Chiesa ortodossa russa e forse con le altre Chiese Ortientali, nonché quelle della famiglia ortodossa?

- Questa è davvero la nostra speranza, soprattutto nel nostro dialogo bilaterale con la Chiesa ortodossa russa. Spero che arriveremo al giorno in cui potremo avere la comunione reciproca e il riconoscimento dei sacramenti. Naturalmente, per quanto riguarda la Chiesa russa, poiché fa parte della famiglia ortodossa, il ripristino della comunione dovrebbe essere una decisione della famiglia ortodossa. Ma non credo che ci siano ostacoli teologici che possano impedire che ciò accada. Tuttavia dobbiamo discutere di teologia e di cristologia e chiarire queste cose. Con le antiche Chiese orientali forse dovremo lavorare di più, perché la nostra cristologia è diofisita (il concetto cristologico secondo il quale la natura divina e quella umana si riconoscono nella persona di Gesù Cristo. È sostenuto dai cristiani ortodossi - ndr), e non miafisita (la dottrina dell'unità senza confusione e separazione della natura divina e umana in Cristo, sostenuta dalle Antiche Chiese Orientali - ndr). In questo senso siamo più vicini al testo del Concilio di Calcedonia. Ma speriamo ancora che un giorno potremo aprire un dialogo con i copti e con le antiche Chiese orientali in generale.

- Cioè, per quanto ho capito, non ci sono ostacoli canonici rigidamente stabiliti alla comunione e all'unità.

- In rapporto a quale Chiesa?

- Russa, in particolare, ma generalmente quella ortodossa. E poi anche alle Chiese Orientali.

- Non credo che ci siano ostacoli del genere. Sicuramente, nel caso degli ortodossi, dobbiamo guardare alle formulazioni cristologiche del Concilio di Efeso. Certamente ci furono condanne ad Efeso che la nostra Chiesa successivamente decise di non accettare. Per accettazione intendo la ricezione formale di quelle formulazioni. Per quanto riguarda la famiglia delle Chiese d’Oriente, c'è ovviamente il Concilio di Calcedonia: anche se non l'abbiamo accettato formalmente, confessiamo i canoni del Concilio di Calcedonia. E alcune formulazioni cristologiche o teologiche sono diventate parte della nostra tradizione canonica; anche se in modo non ufficiale, ma ci sono. Siamo quindi molto più vicini alle formulazioni calcedoniani, soprattutto sulle due nature in Cristo.

- Alla vostra liturgia nella parrocchia moscovita della Chiesa assira si vedevano parecchi russi. Come vengono conclusi i matrimoni tra rappresentanti di diverse comunità, ad esempio tra un marito assiro e una moglie russa, o viceversa? Per questo è necessario ricevere il nullaosta del vescovo?

- Quanto a me, non saprei distinguerli perché ci sono assiri che sembrano molto russi. Potrei anche dare loro la comunione, pensando che sono assiri. Ma, di regola, non riceviamo credenti di altre Chiese. Per quanto riguarda la nostra parrocchia locale, se almeno uno dei genitori non è assiro, probabilmente non amministreremo i sacramenti.

- Come percepiscono i credenti della Chiesa assira e lei personalmente gli avvenimenti in Israele, Palestina e nella Striscia di Gaza? Gli assiri e i cristiani in generale in Medio Oriente si sentono minacciati dalle conseguenze che la guerra può comportare?

- Siamo tutti addolorati per ciò che sta accadendo nella Striscia di Gaza e preghiamo, come ho detto, per un cessate il fuoco immediato per il bene delle persone innocenti che stanno morendo. Ma c’è il timore che quanto sta accadendo in Terra Santa si estenda anche al Medio Oriente. Ad esempio, stiamo assistendo ad attività belliche nel sud del Libano, in Siria, in Iraq. Naturalmente la gente ha paura, perché in Medio Oriente la politica è fluida, nonostante i confini stabiliti. Ciò che accade in un paese tende a influenzare i paesi vicini. Si teme quindi che il conflitto si estenda all’Iraq, al Libano, alla Siria. Sarebbe catastrofico.

Riteniamo quindi che entrambe le parti dovrebbero presentarsi al tavolo delle trattative con la mediazione di paesi terzi o dell'ONU, che potrebbe costringerle a sedersi al tavolo delle trattative, cessare il fuoco, rilasciare gli ostaggi e livellare la situazione.

- C'è un numero crescente di azioni antisemite nel mondo. I cristiani in Medio Oriente, in particolare la Chiesa assira, si sentono minacciati non solo dalla guerra in sé, ma anche dalla crescente ondata di xenofobia ed estremismo?

- L'antisemitismo e qualsiasi altra forma di estremismo devono ovviamente essere condannati, sia che si tratti di estremismo religioso o di estremismo etnico. Queste non sono opinioni che un cristiano può condividere. D’altro canto, ad esempio, durante gli eventi dell’11 settembre, in diverse parti dell’Occidente si è assistito a un aumento dell’estremismo contro la comunità musulmana. Entrambi sono da condannare, sono erronei.

Quando l’antisemitismo cresce nei paesi a maggioranza musulmana, i cristiani in Iraq e in altre parti del Medio Oriente hanno paura perché siamo una minoranza in Medio Oriente. È naturale che se un gruppo minoritario è minacciato, anche gli altri si sentono minacciati. Colpisce sia i nostri sentimenti che la nostra sicurezza. L’estremismo non migliora la situazione.

Entrambe le parti devono sedersi e parlare in modo intelligente di ciò che sta accadendo in modo che entrambe le parti possano garantire i propri diritti. Sia gli israeliani che i palestinesi, ovviamente, hanno il diritto di esistere come nazioni, come popoli e come Stati. E questo, spero, può essere l’obiettivo, ma deve essere raggiunto con mezzi pacifici, non con le azioni militari, non con la presa in ostaggio inumana di bambini e donne. Ciò dovrebbe essere condannato allo stesso modo in cui dovrebbero essere condannati gli attacchi contro i civili riuniti per un evento. Queste non sono azioni umane, sono massacri disumani.

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